Archivio | luglio, 2014

Signore delle Cime

28 Lug

Andate a leggere il bellisimo post di http://gitementali.wordpress.com sulla Sua guerra 15-18 e sui Suoi nonni. Ho anche scoperto che i nostri nonni paterni si chiamavano entrambi Pietro, anche se in teoria il mio di nonno all’anagrafe risultava come Pasquale. Lo scoprì a sei anni, quando andò a scuola. Una volta si partoriva in casa, con una levatrice, e in campagna non sempre si andava subito in città a registrare all’anagrafe i figli, e si rimediava in qualche modo prima o poi. La bisnonna incaricò un ragazzo che andava in quei giorni in paese e scrisse o disse a voce il nome, Pietro. Ma arrivato in paese il ragazzo si dimenticò come doveva registrarlo e, dato che si era sotto Pasqua, lo registrò con il nome di Pasquale. Mio nonno fu sempre per lo Stato “Pasquale detto Pietro”. Il nonno Pietro visse malamente il periodo della Guerra 15-18 come ho già detto: era un pacifista e convinto antimilitariista, tant’è che il suo primo atto da soldato fu cospirare per far fuori il suo superiore…..
Quando fu il turno di Mio padre, il figlio primogenito, classe 1926 partire per la guerra (la seconda) nell’ultimo e più tremendo anno il 1944 ai tempi di Salò e dei tedeschi che sparavano a vista a chi disertava senza troppi complimenti, fece carte false per evitare che suo figlio non fosse arruolato. La prima cosa fu cercare di farlo esonerare. Nonno Pietro era un pasticcere e aveva sempre le mani a bagno nell’acqua e, con il passare del tempo, le sue mani erano diventate bluastre.
Quando arrivò la cartolina di mio padre, si presentò al distretto e mostrando le mani cercò di far riformare il figlio dicendo che lui non poteva lavorare e mio padre era l’unico sostegno economico della famiglia…..(quando lo raccontava le risatine generali di tutti i noi mamma e figli si sono semrpe sprecate)
Il trucco funzionò qualche tempo, giusto quel tot di giorni che bastarano a far partire mio padre e a unirsi con i partigiani in montagna. Insomma, diciamo la verità, molti partigiani lo furono perchè non avevano tanta scelta: o militari a fianco dei tedeschi, o in campo di concentramento o partigiani. Per una famiglia antifascista qeust’ultima opzione era l’unica praticabile.
Di quel periodo con la Resistenza, a mio padre rimase un impegno politico e sociale che lo accompagnò per tutta la sua vita professionale e non. Ci capitò per forza, ma poi aderì con convinzione.
Da bambina, l’unica intonata della famiglia oltre a papà ero io, mi sono sciroppata ore e ore di cantate a squarciagola quando capitava di canti alpini che celebravano le gesta eroiche di soldati e uomini in montagna.
Quella che mi faceva, e mi fa ancora, piangere appena la intono o la ascolto è la canzone citata nel titolo

Spero che il link sia quello giusto
Elisa
sull’onda dei ricordi

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Frida

9 Lug

Mia mamma aveva una amica che si chiamava così e mi ricordo che sin da bambina questo nome mi incuriosiva e mi sembrava strano. Era una tipa particolare che vestiva con abiti molto colorati e stile etnico ed aveva una massa enorme di capelli rossi. Una bella donna con un carattere insopportabile, almeno agli occhi di una ragazzina, di quelle permalose e litigiose che ce l’avevano con il mondo intero. Anni fa mi capitò (mi sembra a Milano ma non vorrei dire una cavolata) di andare a visitare una mostra sempre con mamma e un’altra sua amica sull’arte e la storia messicana dei primi del novecento. Ci aveva portati questa amica a visitarla in quanto era una parente alla lontana di Tina Modotti, fotografa-attrice-politica italiana con una vita da affascinare qualsiasi persona con un minimo di senso dell’avventura. In quella occasione vidi anche per la prima volta i quadri di Frida Kahlo e un po’ complice il ricordo di quella signora dai capelli rossi e un po’ anche quei terribili quadri che la rappresentavano, mi rimase impressa. Poi ci fu un’altra mostra una decina di anni fa a Roma, antologica su di lei e la sua drammatica storia: l’infanzia in una famiglia culturalmente aperta, il tragico incidente in tram, l’incontro con il sommo pittore Rivera che diverrà suo marito, il loro viaggio in America (e la storia del murales commissionato per il Rockfeller Center dove l’artista piazzò Lenin nel tempio del capitalismo) e questi autoritratti di donna sofferente che erano un pugno nello stomaco, che comunicavano dolore ma anche forza. Nella mostra di questi giorni alle Scuderie del Quirinale (da vedere) è ben delineato il percorso pittorico (era totalmente autodidatta) e personale di Frida Kahlo, il rapporto con suo marito Rivera, il legame con le vicende politiche dei suoi anni, l’amicizia con Trotzsky che si rifugiò in Messico per sfuggire alla persecuzione staliniana (ma fu ucciso in un agguato nel 1940)
Considerato che di pittura ne capisco una cippalippa e che un quadro mi piace se mi colpisce….bhe, con i quadri di Frida Kahlo è come ricevere un tot di cazzotti a raffica….
Difficilmente si dimenticano
Fosse la stessa cosa anche per la Storia
Elisa

Una guerra due nonni

6 Lug

Sono stata a visitare la mostra romana al Vittoriano sulla Grande Guerra, se avete l’opportunità di passare da quelle parti andate a visitarla. Vale la pena. Ci sono i diari, le lettere dei soldati, le sentenze dei tribunali italiani nei confronti di quelli che avevano voglia di fare tutto fuorchè andare a rimetterci le penne al fronte, i documenti ufficiali dei trattati di alleanza, i telegrammi tra le ambasciate. Insomma troverete le due guerre: quella di chi la dirigeva dai palazzi tutti marmi e broccati e quelli che la vivevano, tutto freddo e paura, messi uno contro gli altri. I miei nonni ad esempio…. Il nonno materno finì, per sua fortuna, nelle retrovie a gestire le comunicazioni telegrafiche tra il fronte e gli uffici centrali, spesso in licenza a casa. Siccome era un fotografo dilettante molto capace, ho un albun pieno di sue fotografie di una guerra fatta di pose, sorrisi, trattorie, stazioni. A vederle sembra di trovarsi alle grandi manovre e non alla Guerra…. Finì in ospedale anche lui, tra i feriti e i mutilati, ma perchè si beccò la febbre spagnola e, per fortuna, ne uscì indenne, superando la famigerata settima giornata. Insomma nella sfiga ebbe culo…. Non fu mai un rivoluzionario, non certo uno di destra, non aderì mai al fascismo, ma un abile navigatore come il 90% degli italiani, attento a garantire tranquillità e un minimo di benessere alla sua famiglia nei tempi magri del fascismo e della seconda guerra mondiale….
Il nonno paterno, era socialista, anti-interventista, pacifista e quando venne chiamato alle armi, tempo qualche giorno, si trovò a complottare insieme ad altri commilitoni per uccidere il capitano che urlava e dava ordini….. Quello italiano, non quello austriaco, perchè, raccontava “la gente mica aveva voglia di andare a morire, e se non scappava era perchè doveva scegliere tra l’essere ucciso dalle armi nemiche o dalla pistola del suo ufficiale.” Insomma la congiura venne sventata e lui, a differenza di altri suoi commilitone, non venne passato per le armi, ma fu arruolato fra gli “avanguardisti”. Quelli che al momento dell’attacco alle trincee nemiche, venivano mandati avanti per prima. Morte “quasi sempre” assicurata. Anche lui ebbe culo…ma un po’ più scorticato….
La sua fu una guerra ben diversa, fatta di fame, freddo e paura…. e rabbia….
Riportò a casa la pellaccia e una avversione enorme verso le autorità….italiane. Rimase fedele alle sue idee socialiste e repubblicane…
Ebbe anche le sue grane ai tempi del fascismo.
Insomma tra le foto dei soldati sorridenti dei soldati vicino al treno in partenza per il fronte avrei potuto vedere la faccia del nonno materno….
… e tra quella dei soldati italiani sporchi e ricoperti di stracci delle trincee, il nonno paterno….
Tante storie, tante vittime, ma saranno servite?
Elisa